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La fotografia è il mezzo per esplorare quello che io sono per me, prima di quello che sono per gli altri. Da qui nasce Ego, il mio primo progetto fotografico. Come diceva Vitangelo Moscarda, il protagonista del celebre romanzo Uno, nessuno, Centomila di Pirandello, “Di ciò che posso essere io per me, non solo non potete saper nulla voi, ma nulla neppure io stesso”. È voler vedere me stessa attraverso l’occhio della macchina fotografica, che mi restituisce come gli altri sono abituati a percepirmi e che proietta il mio mondo interiore nel modo in cui guardo le cose. È un mezzo per rendermi conscia della mia fisicità, ma parallelamente c’è anche una ricerca emotiva, che fissa nella foto il qui ed ora che sento, l’emozione dietro il gesto. Attraverso la scomposizione del corpo, un corpo analizzato a partire dal dettaglio piuttosto che nel suo insieme, imparo a conoscere me stessa. È un puzzle che va rimesso assieme, sono frammenti di me da ordinare. In Ego, c’è una ricerca del tempo, che è sospeso in una dimensione indefinita, un senso di eterna precarietà fissato in uno scatto. Ego è un progetto che continua e cresce, perché non posso mai dirmi conosciuta fino in fondo, perché ogni giorno sono uguale e diversa.
Mi piacciono gli ambienti decadenti e i posti sospesi nel tempo. Ho un’indole romantica e guardo con nostalgia ai luoghi abbandonati, che per me sono un “locus amenus” dove rifugiarmi.